Andata.
I pendolari sono estremamente abitudinari.
In stazione quando arrivo, 2 o 3 minuti prima che arrivi il treno, osservo le solite scenette.
Ci sono due uomini sulla sessantina che come sempre stanno già chiacchierando del più e del meno ad un volume sempre troppo alto, c’è una ragazza con le caviglie scoperte e delle adidas verde mela che vorrei anche io, che si appoggia all’entrata del sottopassaggio ascoltando musica.
Ci sono io, sempre scazzata, che controllo l’app di trenitalia nella speranza che il treno non sia in ritardo come sempre.
E poi c’è un ragazzo, poco più grande di me che conosco perché frequentava il mio stesso liceo, sempre gentile, ogni volta che incrocia il mio sguardo mi sorride.
Tento di abbozzare uno dei miei sorrisi migliori e rantolo un “buongiorno”. Il risultato è un po’ penoso.
A lui invece il sorriso viene bene, e di fronte a quella gentilezza rimango sempre un po’ spiazzata perché non è forzato, è una specie di “buongiorno” sincero e mi domando come è possibile che abbia voglia di sorridere quando è così freddo e ancora buio.
Ci vuole coraggio a sorridere veramente prima delle 7 di mattina.